La sindrome metabolica (sdr metabolica, sindrome plurimetabolica, sindrome X, sindrome dell’insulino resistenza, sindrome dismetabolica) è una complessa condizione patologica ) più che una patologia è un insieme di fattori presenti contemporaneamente in un individuo, che ne determinano il collocamento in una fascia di rischio elevato per lo sviluppo di malattie croniche quali il Diabete, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), problemi cardiovascolari e statosi epatica (ossia fegato grasso). Con questo termine, quindi, non si indica una singola patologia, ma una condizione clinica che necessita di attenzioni per le sue possibili conseguenze.
Con il cambiamento nello stile di vita, soprattutto nei paesi occidentali, industrializzati, la sindrome metabolica si è molto diffusa, diventando un problema serio per la popolazione e per il sistema sanitario. Negli Stati Uniti, per esempio, la sindrome metabolica è aumentata esponenzialmente: ne è colpito il 40% della popolazione sopra i 50 anni e l’età della prima diagnosi, per effetto anche di uno stile di vita e di alimentazione scorretti, si sta abbassando moltissimo, andando a interessare fasce di età adolescenziali e infantili.
Sindrome metabolica: sintomi e complicanze
Ci sono alcuni sintomi che possono individuare un quadro di sindrome metabolica tra cui:
1. presenza di grasso addominale viscerale;
2. ipertensione arteriosa;
3. alterata glicemia plasmatica a digiuno;
4. insulino-resistenza;
5. sindrome dell’ovaio policistico.
Gli individui che presentano un quadro assimilabile alla sindrome metabolica corrono un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari, renali, oculari ed epatiche da due a quattro volte in più rispetto alle persone che non ne sono affette. Se malattie metaboliche (sindromi metaboliche) quali obesità, diabete o ipertensione si manifestano insieme alla steatosi, si parla di steatosi epatica associata a disfunzione metabolica (MAFLD, in inglese: metabolic-dysfunction associated fatty liver disease).
E’ bene ricordare che quando si instaura nel soggetto una condizione di insulino-resistenza, ovvero le cellule non internalizzano il glucosio perché non rispondono più all’insulina prodotta dall’organismo e così l’organismo secerne ulteriormente insulina cercando di abbassare la glicemia e creando un circolo vizioso di insulino-resistenza, iperinsulinemia compensatoria e consequente iperglicemia, le cellule pancreatiche deputate alla produzione dell’insulina, a lungo andare, vanno incontro ad un lento processo degenerativo che pone le basi per lo sviluppo del diabete, con tutte le sue conseguenze negative sul benessere dell’individuo.
Sindrome Metabolica: diagnosi
Individuare per tempo i fattori di rischio allo sviluppo della sindrome metabolica aiuta gli individui a correggere i comportamenti scorretti e così diminuire fortemente il rischio di sviluppare altre patologie croniche. Per prima cosa l’anamnesi familiare, la misurazione della circonferenza della vita e la misurazione dei valori della pressione arteriosa sono tra i primi controlli di routine che vanno attenzionati da chi sospetta di soffrire di sindrome metabolica. Se, per esempio, si riscontra un’anamnesi familiare positiva al diabete mellito di tipo 2, si registra una circonferenza addominale superiore ai valori di riferimento per sesso e fascia di età, è bene proseguire gli accertamenti con la misurazione della glicemia plasmatica a digiuno (la presenza di zuccheri nel sangue) e analizzare il profilo lipidico del paziente, ossia i valori di Colesterolo HDL (colesterolo cosiddetto buono) e dei Trigliceridi ematici.
Più in generale, per poter affermare di essere affetti da sindrome metabolica, devono essere presenti, contemporaneamente, almeno 3 dei seguenti fattori di rischio:
1. Ipertensione: pressione arteriosa superiore a 130/85mmHg
2. Un alto livello di trigliceridi: trigliceridi ematici superiori a 150mg/dl
3. Una glicemia plasmatica a digiuno alta: glicemia plasmatica a digiuno superiore a 110mg/dl
4. Bassi livelli di lipoproteina ad alta densità (HDL): colesterolo HDL inferiore a 40mg/dl nell’uomo o a 50mg/dl nella donna
5. Eccesso di grasso addominale: circonferenza addominale superiore a 102 cm nei maschi adulti o a 88 cm nelle femmine adulte.
Sindrome metabolica: trattamento
Il principale trattamento della sindrome metabolica è la cura del proprio stile di vita in termini di alimentazione bilanciata ed esercizio fisico regolare.
Un approccio ottimale alla gestione del problema produce una perdita di peso sulla base di una dieta sana e di una regolare attività fisica, che comprende una combinazione di attività aerobica e allenamento della forza, con il rinforzo della terapia comportamentale.
È necessario gestire anche altri fattori di rischio cardiovascolare (p. es., smettere di fumare). Un aumento dell’attività fisica porta benefici cardiovascolari anche se non si perde peso. L’esercizio fisico, nello specifico, aiuta a:
1. aumentare la sensibilità delle cellule all’insulina,
2. prevenire le patologie cardiovascolari,
3. ridurre i livelli di colesterolo LDL, aumentando quelli di colesterolo HDL,
4. ridurre i livelli di triglicerdi,
5. favorire la perdita di peso.
L’assunzione quotidiana di integratori a base di inositolo nello specifico il d-chiro-inositolo che rappresenta la formula biologicamente attiva, assieme ad uno stile di vita sano, risulta un validissimo coadiuvante nel riequilibrare il quadro derivante dalla sindrome metabolica, riducendo i fattori di rischio allo sviluppo di patologie quali il diabete e l’obesità.
Evidenze scientifiche riportano uno strettissimo collegamento tra aumento della massa corporea, con accumulo di grasso viscerale, e l’aumento della resistenza insulinica. Lo stato pro-infiammatorio associato porta ad un’ulteriore riduzione della insulino sensibilità, alterando il metabolismo dei carboidrati. La ridotta utilizzazione del glucosio conduce verso l’iperglicemia, sindrome metabolica e diabete tipo 2.
Il d-chiro-inositolo può essere un valido aiuto rispetto alla sola dieta nel riportare i valori di insulina e glicemia alla norma.
Infatti, in diversi studi su donne con PCOS sovrappeso/obese il dchiroinositolo ha mostrato di ridurre non solo i livelli di insulina e androgeni circolanti ma anche l’indice di massa corporea di queste pazienti.